Inselvatichirsi con i bambini

di Two Filthy Trolls, apparso sul numero 6 di Wild Resistance: A Journal of Primal Anarchy nel 2019.

La decisione di tradurre e condividere questo scritto di Two Filthy Trolls nasce in seguito alla lettura di una notizia di cronaca che ha avuto luogo in abruzzo. Già dal titolo della notizia si evidenzia il tono volutamente di scandalo, allarmistico e fazioso: << tre bambini cresciuti isolati nel bosco>>. Ma il passaggio che mi ha fatto immediatamente venire il prurito alle mani è stato il seguente: ”I piccoli, tra i 6 e gli 8 anni, vivono con i genitori in un rudere isolato nell’area vicina a Vasto, senza acqua corrente e luce. E, soprattutto, senza andare a scuola.”

Parole tutt’altro che neutrali perchè se c’è una cosa che lo Stato e la nostra cultura scolarizzata-civilizzata non possono accettare è la scelta consapevole di autonomia da parte di una famiglia che ha sottolineato di vivere in questo modo per preservare il rapporto tra “essere umano e natura”. Una cultura talmente civilizzata e addomesticata che richiede l’intervento di tribunali e assistenti sociali, perchè non mandare i propri figli a scuola ma scegliere di educarli in maniera radicalmente diversa è una colpa imperdonabile, da punire e reprimere, sia mai che ad altri venga in mente di seguirne l’esempio e uscire dalla logica scolarizzata-scolarizzante.

Leggendo l’articolo si rende inoltre manifesta l’idea dominante e accettata anche inconsciamente della scuola come è stata concepita durante il colonialismo europeo ai danni delle popolazioni indigene: “strumento coloniale” di assimilazione e distruzione delle proprie radici e dei propri legami culturali, sociali, familiari. Strappare i tre bambini dalla famiglia e mandarli a scuola non è poi troppo diverso da ciò che è avvenuto ovunque ai danni dei bambini indigeni messi nelle scuole residenziali dei bianchi per “civilizzarli”.

Aggiungo due riflessioni in merito alla scelta di non scolarizzare i bambini:

Giocare liberamente significa tornare a riconoscersi come animali e dunque appartenenti al selvatico. Giocare liberamente significa anche distruggere le catene della scolarizzazione e di conseguenza rompere con l’addomesticamento della civilizzazione capitalista, per tornare a vivere una vita piena di interconnessioni con tutti gli attori del vivente con cui co-apprendiamo e costruiamo ogni aspetto delle nostre esistenze. Influenzato dal mio lavoro quotidiano con le piccole persone in progetti di libera immersione nel selvatico e apprendimento autodiretto tramite il gioco libero, sono sempre più convinto che costruire una cultura della selvatichezza sia il passo più radicale per distruggere le gabbie della civilizzazione e dell’addomesticamento e tornare ad essere animali umani liberi, connessi, consapevoli e guariti dalle ferite della nostra cultura che ha volontariamente separato l’umano dalla natura. Rimango altresì convinto che un cambiamento realmente radicale di rottura potrà avvenire solamente quando non esisterà più separazione tra il tempo trascorso nei progetti educativi descolarizzati e la vita quotidiana vissuta da una comunità di grandi e piccole persone che abita insieme un territorio. Proprio come ci insegna la vicenda della famiglia che ha scelto di vivere nel bosco, senza le comodità del mondo tecno-industriale e scegliendo di non scolarizzare i propri figli.

Lunga vita ai ribelli di ogni sorta che scelgono di vivere e costruire esistenze radicalmente diverse, libere, non addomesticabili e selvatiche.


Siamo tutti nati selvaggi, come animali umani. Abbiamo quasi lo stesso corredo genetico dei nostri antenati cacciatori-raccoglitori, nonostante tutto l’addomesticamento che la nostra specie ha subito negli ultimi quattordicimila anni. L’addomesticamento è un processo al quale non abbiamo ancora ceduto completamente… almeno fino ad ora, mentre la nostra specie entra nell’era tecnologica.

Le scuole pubbliche e le istituzioni religiose sono i principali strumenti di addomesticamento che lavorano per spezzare lo spirito selvaggio dell’animale umano, costringendoci alla sottomissione mentre cresciamo. Questo processo alla fine ha successo, con i bambini che interiorizzano il poliziotto e il giudice, sopprimendo lo spirito selvaggio che è in loro e che grida e si ribella.

Fino a poco tempo fa, i bambini avevano la possibilità di divertirsi liberamente al di fuori di queste istituzioni per alleviare lo stress, rafforzarsi e recuperare parti represse di sé stessi. Una volta liberati dalle quattro mura bianche della chiesa e della scuola, i bambini avevano generalmente la libertà di correre, costruire fortezze, ribaltare sassi e giocare con altri bambini… il tempo di essere animali umani. Quella libertà è quasi scomparsa con la migrazione degli esseri umani nella tecnosfera. Sono scomparse le orde di bambini selvaggi che vagavano nei cortili del quartiere, sorvegliati vagamente da una comunità di adulti. Sono scomparse le ginocchia sbucciate e i vestiti infangati, sostituiti da schermi luminosi e tassi vertiginosi di ansia, depressione, solitudine, obesità, ADHD, disturbi dell’elaborazione sensoriale e autismo.

Qualche anno fa abbiamo fondato una rewilding school per esplorare e cercare di affrontare questa migrazione dell’infanzia verso lo schermo elettronico. Per ricordare ai bambini come giocare, per ispirarli ad avventurarsi nella vita reale ed esplorare temi di resistenza attraverso le storie. Quello che abbiamo imparato e i risultati che abbiamo visto finora sono stati promettenti.

Molti bambini arrivano per la prima volta nei nostri campi come astronauti su un pianeta straniero… spettatori disincarnati, con gli occhi sgranati, che riescono a malapena a camminare e a elaborare ciò che accade in tempo reale intorno a loro. Sono terrorizzati dagli insetti, a disagio con lo sporco e urlano al minimo graffio causato dai rovi lungo il sentiero. Provano un’incredibile ansia per le cose che hanno visto sullo schermo e fanno fatica a relazionarsi con gli altri bambini. Molti di questi bambini provengono da famiglie liberali e progressiste che considerano la “natura” un valore astratto.

Ma ecco la cosa meravigliosa. Alla fine di una settimana nella foresta, vediamo quei bambini tornare alla vita. Li vediamo riprendere possesso del proprio corpo, ridere, esprimere gioia e tornare ad essere bambini. I genitori ci chiedono continuamente cosa facciamo, perché è come se avessero un figlio diverso. I bambini spesso dicono che è la migliore esperienza della loro vita e non vedono l’ora di tornare tutto l’anno. Ancora più importante, molti di loro tornano a casa e ricreano le esperienze del campo, continuando il loro apprendimento: insegnano agli amici e ai genitori i nomi delle piante, come fare i bisogni nel bosco e costruiscono i loro rifugi a casa.

Abbiamo scoperto che riportare i bambini alla natura selvaggia non è tanto un processo di annullamento dell’addomesticamento, quanto piuttosto il dare loro lo spazio per essere se stessi e osservare la loro natura selvaggia che si dispiega. È tutto ancora lì, ha solo bisogno di spazio e sostegno per respirare.

Ma molti dei genitori dei bambini desiderano anche uno spazio dove poter imparare e riscoprire il selvatico per se stessi. E sebbene abbiamo avviato la nostra scuola per esplorare il ritorno all’inselvatichimento durante l’infanzia, ci siamo resi conto che senza una comunità di adulti che insegnino e sostengano questi bambini, il nostro lavoro può arrivare solo fino a un certo punto. Ma che aspetto ha una comunità di adulti inselvatichiti al giorno d’oggi? E quale ruolo può svolgere una scuola nel sostenerla? Ponendoci queste domande, abbiamo scoperto di aver aperto un vaso di Pandora.

Siamo tutti nati selvaggi, ma gli strati di condizionamento sociale e le ferite inflitte da una cultura colonizzatrice sono profondi quando la maggior parte di noi raggiunge l’età adulta. Che tu abbia passato anni a interiorizzare il colonizzatore o a combatterlo, è quasi impossibile per un adulto sviluppare una personalità integra.

Se lasciate un bambino in un bosco, probabilmente tornerà allo stato selvaggio da solo. Se lasciaste un adulto americano medio nel bosco per più di un giorno, molto probabilmente imploderebbe psicologicamente.

Mentre si aiutano gli adulti a liberarsi da decenni di bagaglio culturale e a ritrovare la loro natura giocosa e animale, è necessario un grande sostegno emotivo man mano che le dighe si rompono. È difficile affrontare tutto questo da soli, e avere il sostegno di un contesto facilitato sembra essere utile per chi desidera farlo.

Uno degli ostacoli più difficili che abbiamo affrontato durante il processo di inselvatichimento con gli adulti è stato rappresentato dai preconcetti e dalla pseudo-selvatichezza di molti di loro. I modelli consumistici di relazione con la “natura” finalizzati al miglioramento personale e le cosmologie iper-addomesticate sotto una veste spirituale sono stati i maggiori deterrenti per gli adulti che tentavano di inselvatichirsi, perché ignoravano completamente il punto fondamentale. Alla fine, abbiamo scoperto che se gli adulti non sviluppano una sana critica della civilizzazione e non ne comprendono le radici, il processo di inselvatichimento difficilmente porterà a qualcosa di più di qualche selfie nella foresta o di un altro iscritto al podcast di Daniel Vitalis. L’annullamento dell’addomesticamento è alla base del ritorno alla natura, e se le persone cercano solo un’altra “pozione magica” naturale per risolvere i problemi della loro vita, a un certo punto del loro percorso di ritorno alla natura si verificherà inevitabilmente una crisi, quando tutte quelle presupposizioni crolleranno.

Sebbene sia stato molto più difficile aiutare gli adulti nel loro processo di ritorno alla natura, qui c’è una reale opportunità. Gli adulti possono scegliere attivamente di rinunciare ad alcuni aspetti della vita addomesticata, mentre i bambini sono soggetti ai sistemi di credenze dei loro tutori una volta terminati i campi. Abbiamo visto adulti cambiare radicalmente la loro situazione di vita durante o immediatamente dopo un percorso: ricoverarsi in cliniche di riabilitazione per superare dipendenze e lasciare relazioni, case e lavori per vivere una vita più selvaggia. Ma tutte queste persone erano già profondamente critiche nei confronti del sistema e avevano solo bisogno di sostegno e conferma per andare oltre. Non tutti sono influenzati così profondamente. In molti casi, gli adulti se ne vanno sentendosi un po’ più sani, più felici, con un rapporto più profondo con la natura e alcune nuove competenze da condividere e integrare nella loro famiglia.

Siamo impegnati in un dialogo costante sul ruolo della scuola nel processo di inselvatichimento e sull’opportunità di continuare a lavorare con gli adulti. Abbiamo commesso molti errori e imparato molto lungo il percorso. Ma abbiamo visto molti bambini felici e selvaggi lasciare la nostra foresta, e una comunità di adulti che si pongono domande difficili e fanno strada insieme è fiorita insieme alla scuola. In definitiva, stiamo lavorando per arrivare al punto in cui le scuole e i programmi non esistono più e semplicemente viviamo di nuovo la vita, insieme.